La Grotta delle Veneri

veneri-taggateLa  struttura si trova in una zona di interesse archeologico, caratterizzata dalla presenza di grotte naturali, segnalate per alcuni importanti ritrovamenti, come la Grotta delle Veneri.

Il nome della grotta, conosciuta precedentemete con il nome di “Grotta Nicola Fazzu”, cambia il nome in “Grotta delle Veneri” dal ritrovamento delle due statuine femminili paleolitiche in osso.
La cavità, che si sviluppa per una lunghezza complessiva di oltre un centinaio di metri nei calcari Cretacei della formazione di Melissano(Le), può essere distinta in due settori: la grotta-riparo esterna, frutto dei progressivi arretramenti della volta che hanno generato un ambiente aperto a pianta grossomodo circolare, dove sono ben evidenti gli enormi massi di crollo che hanno sigillato le serie stratigrafiche preistoriche; e la grotta interna, a sua volta suddivisibile in un tronco centrale e due cunicoli che si sviluppano verso Nord e verso Ovest.

Le prime indagini archeologiche sistematiche seguite al rinvenimento delle Veneri permisero di definire le sequenze stratigrafiche della cavità e le cronologie della frequentazione preistorica. Successivamente si registrò l’ eccezionale scoperta di una sepoltura del Paleolitico Superiore databile tra i 35.000 e i 10.000 anni fa, purtroppo intaccata dalle numerose buche neolitiche scavate probabilmente a scopo di culto. Nonostante tale attività abbia comportato l’asportazione dei crani e degli arti superiori dei defunti, fu tuttavia possibile mettere in luce i resti scheletrici di un uomo e una donna della specie Cro-Magnon e parte del loro corredo funerario costituito da un ciottolo e una scheggia di selce tinti d’ocra e 29 canini di cervo forati. Fatto eccezionale che connota i depositi di Grotta delle Veneri è stato il ritrovamento durante le successive campagne di scavo di oltre 400manufatti d’arte su pietra e su frammenti d’osso. I reperti di arte mobiliare presentano una decorazione geometrica con motivi formati dal combinarsi di pochi moduli base rigidamente lineari e rettilinei: si tratta soprattutto di fasci di linee parallele, bande tratteggiate, motivi scalariformi, a reticolo racchiuso in larghe bande o libero, meandri e motivi a nastro curvilineo. La decorazione geometrica tende spesso a coprire totalmente almeno una faccia del supporto, estendendosi sui bordi e su parte almeno della faccia opposta, e talvolta tra le incisioni si conservano tracce d’ocra. La rottura ab antiquo della maggior parte delle pietre e delle ossa potrebbe essere un fatto intenzionale, legato forse a manifestazioni rituali. L’analisi dei numerosi manufatti rinvenuti, lo studio delle successioni di industrie litiche riferibili alle differenti fasi del Paleolitico e degli oltre 18.000 frammenti ceramici compresi tra una fase avanzata del Neolitico antico e la prima età del Bronzo (cui si aggiungono anche reperti d’età storica), hanno permesso di ricostruire la lunga storia delle frequentazioni della cavità, che appare uno dei più significativi giacimenti preistorici della Puglia.

Le Veneri

Le statuine, comunemente designate con il termine di “Veneri”, costituiscono le preziose testimonianze di un coinvolgimento di questa terra alla pratica di un culto dedicato alla Dea Madre, originatosi in Oriente ed esteso in tutto il continente Europeo.

Le rappresentazioni femminili paleolitiche a tutto tondo o a bassorilievo venivano scolpite o plasmate in materiali diversi, principalmente avorio o osso e più raramente in pietra o argilla. Alla denominazione, dai chiari richiami mitologici del classicismo, non deve essere attribuita però una valenza estetica né tantomeno bisogna approcciare i caratteri anatomici delle statuine – caratterizzate da una estrema pinguedine del corpo e in particolar modo degli attributi sessuali – con i canoni estetici moderni, attribuendo loro valori funzionali o estetici. Le statuine paleolitiche che hanno in comune questi caratteri sono diffuse con notevole uniformità dai Pirenei, attraverso l’Italia, fino alle pianure russe e alla zona del lago Baikal in Siberia, ed ogni reperto, pur entro uno schema comune, presenta aspetti di individualità e originalità. Sebbene resti incerto il valore della rappresentazione (dea madre o rappresentazione della fertilità), queste figurazioni femminili rispondono spesso, come nel caso degli esemplari di Parabita, a vere espressioni d’arte di altissimo pregio artistico, stilistico e tecnico.

Dei due esemplari provenienti da Parabita, la statuina più grande, alta 9 cm e larga 2, è ricavata da una scheggia ossea di bue o cavallo; sul volto non appare alcun lineamento, mentre la parte riferibile al mento e al collo è solcata da due incisioni parallele curvilinee, a volere rendere un collare o un cappuccio. Da qui partono le spalle spioventi che continuano nelle braccia che, esili in partenza, si ispessiscono e si congiungono sotto il ventre prominente, a indicare forse la gravidanza.
I seni del tipo “ad otre” sono resi con due solchi; il pube è anch’esso ben evidenziato, come anche il posteriore, reso con estremo realismo. Le cosce sono divise da un solo poco profondo e sono interrotte all’altezza delle ginocchia. L’altra statuina ha dimensioni più ridotte (alta 6,1 cm e larga 1,5 cm) e presenta caratteri stilistici differenti. Il capo è tondeggiante, senza indicazione dei lineamenti; dal collo, reso con un solco, si allargano le spalle, da cui partono le braccia congiunte sotto il ventre con l’indicazione generica di alcune dita. Le mammelle sono pendule e ovali, il ventre è piatto, i glutei appena accennati. La parte inferiore è affusolata e termina in una specie di uncino, elemento che ha fatto pensare che si tratti di un pendaglio. L’atteggiamento delle braccia che si riuniscono al ventre presente nelle veneri parabitane, è invece inconsueto nelle altre Veneri dell’Europa occidentale e trova forti analogie con le statuette rinvenute nelle lontane pianure russe.
Tali confronti con manufatti artistici dell’Europa centrale fanno pensare, se non proprio all’esistenza di rapporti diretti tra queste grandi aree culturali, almeno ad una convergenza dei gusti formali che caratterizzavano i gruppi umani dei quali le veneri costituiscono parte della produzione artistica. (fonte: www.trovasalento.it)


(comments are closed).

 
ALMACANTO B&B - S.P. Tuglie - Collepasso (località "Monaci di sopra"), Km. 0,5 - 73052 PARABITA (LE) - Tel./Fax 0833.597093 - Cell. +39.380.2992011 / +39.328.4691528